Abbiamo già accennato all’elemento “patetico” in Rossini. Con il Romanticismo questo aspetto assume un colore molto più intenso e nello stesso tempo, sfumato e sottile: Il romanticismo ha la sua coloratura, del tutto diversa da quella dell’epoca barocca e anche da quella di Rossini. Qui la coloratura torna ad essere appannaggio delle voci femminili, che diventano i personaggi che accentrano tutta la vicenda. Prendiamo ad esempio due grandi scene di follia quella dei Puritani di Bellini è quella della Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti. Sono le opere che rappresentano un po’ il “clou” del romanticismo musicale italiano: Due grandi scene (anche per durata) il fulcro dell’intera vicenda, costruite su una narrazione di antefatti, la madre morta, l’amore che non si realizza, i continui divieti, che tendono all’esaltazione dell’eroina che, a un certo punto, si immola sull’altare della follia. L’elemento patetico è accentuato dall’irrazionalità dell’eroina. Bellini e Donizetti costruiscono queste scene di pazzia seguendo una struttura drammatica ben precisa. In genere c’è un grande coro di preparazione di compianto un’aria, nei casi specifici affidata al basso, che descrive l’oscuramento della ragione dell’eroina e quindi il grande ingresso dell’eroina stessa, con un ampio recitativo (Lucia di Lammermoor) o con l’attacco di splendida melodia nei Puritani che viene annunciata dietro le quinte e che rappresenta l’ingresso di questo personaggio che accentra su di sé tutta l’attenzione. In queste “follie” possiamo distinguere due aspetti. Dal punto di vista drammatico l’eroina a fa una lunga rico costruzione del suo amore, lo rivive, rivive il matrimonio (in Lucia, “Ardon gli incensi”) che ha vissuto prima, o che non nemmeno vissuto e che sogna di vivere. Nella scena di follia c’è la fusione del passato, del presente e del futuro. Sul piano musicale c’è la coloratura che diventa massima espressione della follia dell’eroina. In Lucia c’è la gara dello strumento (il flauto) con la voce umana.
Di Lucia di Lammermoor si è voluti ritornare alla versione cosiddetta “originale”, priva cioè dell’ampia cadenza con il flauto. Va invece evidenziato che la fortuna di quest’opera è legata a questo momento che deve essere il più possibile una gara tra voce e strumenti. Donizetti, non a caso aveva previsto nella partitura autografo la presenza della Glass-harmonica, uno strumento dal suono estremamente cristallino, che aggiungendo un aspetto ancor più leggero e cristallino alla gara voce-strumento. In Lucia va anche notato come il recitativo introduttivo (“Il dolce suono…”) è più lungo dell’aria vera e propria, semplice e lineare (“Ardon gli incensi”), così come assume un subisce un allargamento (il secondo recitativo, un tempo semplice passaggio dall’aria alla cabaletta) e qui diventa una scena elaborata (“S’avanza Enrico”), proprio per dare spazio a questo aspetto “patetico”, tipico del romanticismo musicale italiano.
“Coloratura!” (3)
